«Getta il tuo pane sulle acque correnti: ché, dopo lunghi dì, lo ritroverai!» (Qo 11:1).
Metti il tuo impegno nel rapporto con l’altra persona: nel corso del tempo, nei momenti aridi, risalterà ai tuoi e ai suoi occhi
Le “acque correnti” intese come fluire del tempo sponsale o amicale, in cui due persone si trovano a condividere ma anche a sopportare tutte le cose dell’esistenza. Affidare il pane al flusso della corrente, con la speranza che lo restituisca, significa “lasciare impronte tramite comportamenti rispettosi” nel fluire del tempo, sapendo che solo in questo modo, «dopo lunghi dì, lo ritroverai». Quando «il tempo di ridere» lascerà spazio al «tempo di piangere» (Qo 3:4) quel pane, senza più l’acqua, risalterà con tutto il suo significato. «Chi bada al vento, non semina, e chi osserva le nuvole non mieterà mai»(Qo 11:4): soffermarsi solo al contenuto dei diverbi significa non seminare “altro”; chi insiste nel sottolineare l’errore dell’altra persona, non mieterà mai!
Ecclesiaste associa l’acqua al ritorno (Qo 7:1) ; esiste un’abitudine tra gli ebrei sefarditi: quando qualcuno parte per un viaggio, la madre versa dell’acqua sulla soglia di casa e fa camminare sopra quell’acqua come buon auspicio di ritorno garantito. Lo stesso concetto emerge da un vecchio proverbio egizio: “fai una buona azione e gettala sull’acqua; quando si seccherà la ritroverai”
L’intento di Ecclesiaste è duplice: da un lato vuole incoraggiare il rischio: l’acqua significa avventura; non sappiamo dove andrà il pane. Ma significa anche pericolo di scomparsa. Nel pensiero biblico, l’acqua è associata al nulla e al caos (Gn 1:2, Ez 26:19-21). Quando Michea dice che Dio “getterà in fondo al mare tutti i nostri peccati” (Mic 7:19), intende affermare che il Signore perdonerà le nostre colpe. Dall’altro lato, si configura come una promessa secondo cui le buone azioni non andranno perse perché l’acqua ce le restituirà. L’espressione “sulle acque correnti” è associata, nella tradizione biblica, all’evento della creazione (Gn 1:2) e nell’usarla l’autore vuole indicare che Dio, il creatore, ha il controllo. L’ingiunzione “getta il tuo pane sulle acque correnti” è dunque qualcosa di più di un invito alla carità: è un appello alla fede. Vedremo il nostro pane restituito se accetteremo di correre il rischio di perderlo. La fede implica questo rischio!(B.J.Doukhan, Qoelet il richiamo dal caos, p.152). Ma anche la fede nella coppia implica questo rischio.
Dare il nostro pane al povero (non otterremo nulla in cambio perché lui è indigente): fare questo gesto implica “fare per donare” e non “fare per ricevere”; non sarà un do ut des ma un dono gratuito al fine di aiutare una persona bisognosa.
In coppia, dovrebbe valere la stessa cosa: fare sapendo di fare il piacere dell’altra persona; indipendentemente dal fatto di ricevere qualcosa in cambio.
Nella coppia possiamo calare queste parole tenendo conto dell’importanza del rischio nella fede della relazione! Chi garantisce ad una persona che la vita della coppia sarà eterna? Nessuno! Si tratta quindi di fidarsi di gettare il proprio pane nelle acque esistenziali; si rischia perché la fallibilità del genere umano non offre alcunché di certo.
Mi permetto di fare un parallelo tra Dio e il partner della nostra coppia: se serviamo Dio per guadagnarci il Suo regno, non stiamo servendo Lui ma noi stessi; ci si aspetta sempre qualcosa dai doni offerti a Dio correndo il rischio di perdere la fede non ricevendo ciò che abbiamo chiesto nell’atto del nostro donare. Qoelet ci esorta a dare disinteressatamente senza mai attenderci alcunché in cambio. In coppia esiste però un aspetto che va al di là di ciò che dovrebbe rappresentare la vera fede in Dio: si fa per l’altra persona perchè sappiamo di farle piacere; di gratificarla, di renderla felice; non per piaggeria ma perché la si ama anche così. Con Dio non vale questo, non dovrebbe valere! Non bisognerebbe accontentare Dio ma interiorizzare comportamenti che diventino l’Io di noi stessi: la nostra tridimensionalità (corpo-mente-spirito) nella trinità di Dio (Padre-Figlio-Spirito Santo); il nostro Io nelle orme di Dio.
Come a dire, quindi, «continua a lasciare il tuo impegno nell’esistenza di coppia: al momento giusto lo ritroverai!».
Gesù si serve di un analogo paradosso quando afferma «chi avrà trovato la sua vita la perderà e chi l’avrà perduta…la troverà» (Mt 10:39).
Dott.ssa Magda Maddalena Marconimagdamarconi@libero.it