L’omosessualità è da curare?

Lettera aperta ai colleghi psicologi, psicoterapeuti e medici.

Carissimi colleghi,
sono una psicoterapeuta-logoterapeuta da più di vent’anni e accompagno (non curo) anche persone omosessuali verso le loro “risposte”. A parer mio bisogna, prima di tutto, capire chi abbiamo di fronte, cioè se la persona omosessuale che chiede il nostro aiuto lo chiede perché, pur stando bene nei suoi panni, ha problemi di accettazione da parte della famiglia, degli amici, della società oppure presenta dei problemi indipendenti dalla sua sessualità (come succede a molte persone eterosessuali) oppure, ancora, se sta male perché non riesce a capirsi o ha problemi di altra natura. In ogni caso, noi abbiamo l’obbligo morale, civile e deontologico, di rispettare la persona nella sua tridimensionalità. La Logoterapia e Analisi Esistenziale lo ribadisce molto chiaramente e mi meraviglia e mi amareggia molto il fatto che esistano, proprio fra di noi, persone che sostengono che l’omosessualità sia una patologia da curare. Nessun modo d’essere è da curare ma da ascoltare, accogliere e aiutare a prescindere dall’orientamento sessuale. In più di vent’anni di professione (con singole persone, gruppi di persone omosessuali sieropositive e non) non ho mai incontrato alcuna persona desiderosa di cambiare il proprio orientamento sessuale. E’ questo un tema da considerare molto seriamente (come tutti i problemi umani) partendo sempre dal presupposto di come vive la persona la sua sessualità e mai dal presupposto del professionista che decide di modificarne l’orientamento sessuale. Credo si debba riflettere ancora molto per non incorrere in malintesi e pregiudizi. L’essere umano è tridimensionale e la sua sessualità è unica come è unica la sua persona. La sessualità non è, come noi pensiamo, o etero o omo o transessuale. La sessualità è unica quindi le sessualità sono infinite come sono infinite le persone che abitano il globo terrestre. Categorizzare, omologare e patologizzare significa non aver interiorizzato la Logoterapia. Questo è il problema! La sessualità di una persona va lasciata così com’è e rispettata: sarà la persona stessa a chiedere eventualmente di entrare in se stessa per capirsi meglio; e se quell’incontro con se stessa confermerà o disconfermerà la sessualità percepita nel passato, sarà un successo per la persona stessa. Ma farà tutto da sola: questo conta! Se vogliamo essere davvero utili alle persone, a tutte le persone, dobbiamo assolutamente accantonare il nostro personale sistema di valori, altrimenti si creano danni. Credetemi, a volte mostruosi! E’ assurdo e irrispettoso parlare dell’ omosessualità come di un disturbo mentale. Ciò che sostiene Nicolosi (che “l’omosessualità è un disturbo mentale che può essere curato” ed è “un fallimento dell’identificazione di genere”) è vero soltanto in rarissimi casi di preadolescenti (9-11 anni) che, proprio perché tali, non hanno ancora raggiunto la consapevolezza della loro identità e individualità soprattutto quando hanno fatto esperienze giovanili di tipo omosessuale (cosa molto frequente fra i giovani di tutti i tempi). Si tratta di dare loro il tempo necessario per scoprirsi ai propri occhi; ma non dovrà mai esistere una etero induzione a causa del fatto che il professionista ha problemi con l’accettazione di come una persona è nella sua essenza più profonda.

Resto a Vostra disposizione per qualsiasi chiarimento.
Invio a tutti Voi un cordiale augurio di serenità.
Magda Maddalena Marconi