Il dialogo di coppia: crearlo, coltivarlo, migliorarlo

Conferenza dibattito

Il dialogo di coppia: crearlo, coltivarlo, migliorarlo

L’incontro – dibattito di questa sera verterà su due dinamiche che caratterizzano la coppia: il dialogo verbale e il dialogo sessuale. Questi due temi verranno affrontati dal punto di vista della logoterapia e dell’analisi esistenziale.  Cosa sono la logoterapia e l’analisi esistenziale? Sono la scoperta, la presa di coscienza e l’analisi del senso della vita del singolo e della coppia.

Le bozze del primo libro sulla logoterapia erano cucite dentro la fodera del pastrano di Viktor Frankl uno psichiatra viennese che sperava così di salvare dagli orrori e dalle distruzioni della guerra. Le bozze furono distrutte, ma le idee del maestro della logoterapia erano tutte impresse nella sua mente. Salvandosi, dopo vari internamenti durati diversi anni, Frankl creò e diede inizio alla corrente umanistico esistenziale della logoterapia il cui orientamento è rivolto verso il futuro dell’uomo, nel desiderio di aiutarlo ad individuare un significato autentico, uno scopo nella sua esistenza, in modo da prevenire ed eliminare l’angoscia che conduce alla depressione e alla nevrosi da non-senso. Quindi nel 1946 appare il primo libro di Viktor Frankl intitolato “Uno psicologo nei lager” in cui emerge chiara tutta la capacità di quest’uomo di far fronte a qualsiasi orrore dei campi di concentramento grazie alla scoperta di un senso che lo aiutò a vedere oltre; quindi a progettare qualcosa nel buio di una cella del lager, in mezzo a cadaveri, malattie e disperazione. Lui riuscì, nonostante tutto, a sopravvivere consolando i compagni di cella, facendo loro pensare che la vita di ognuno aveva senso e dignità nella misura in cui ognuno di loro aveva realizzato o anche solo pensato di realizzare qualcosa. Credendo fermamente e profondamente nella logoterapia, questa sera sono qui a rappresentare la S.I.L.A.E. (Società Italiana di Logoterapia e Analisi Esistenziale) nata nel 1977, che ha quale suo Presidente Onorario lo stesso creatore di tale orientamento, il maestro viennese Viktor Frankl ormai novantatreenne.  Le coppie in crisi o le singole persone che lamentano problemi di coppia, fanno notare  quanto sia importante al fine di migliorare le crisi di relazione, far scoprire il senso della propria esistenza al singolo partner per capire il senso della coppia. La scoperta del senso, cioè del significato della propria vita, permette all’uomo sfiduciato di ritrovare il gusto di vivere, di scoprire il carattere di originalità insito in ogni esperienza vitale, di ritrovare il sorriso anche di fronte gli insuccessi quotidiani inserendoli, assieme agli insuccessi, in un quadro più ampio, in un progetto di vita che diventi un compito da realizzare momento per momento, con consapevolezza e responsabilità. L’uomo di Frankl è teso costantemente all’interpretazione pratica, operativa, di un compito personale. E’ una visione antropologica in cui il minimo comun denominatore è la ricerca di valori, di significati e di contenuti.

Pensando alla coppia, e’ ovvio che le cause della crisi vadano ricercate a vari livelli (psicologici, relazionali, sociali, economici ecc.) e che molteplici sono le variabili che occorrerebbe prendere in considerazione, ma in questi due incontri parlerò del dialogo di coppia: crearlo, coltivarlo, migliorarlo. Per creare il dialogo di coppia è necessario che esista una coppia. L’esistenza di una coppia non significa che esista all’interno di essa il dialogo. Dialogo significa comunicazione fra due persone. Comunicazione non significa esistenza di chiacchiere ma esistenza di comunicazione a più livelli: verbale e non verbale. La comunicazione verbale comprende i messaggi quotidiani, comuni, pratici ma soprattutto la trasmissione di sentimenti ed emozioni. La comunicazione non verbale arricchisce quella verbale impregnandola di qualità. Per capire quel filo conduttore che non si dice ma si trasmette è importante imparare a notare tutte quelle sfumature che gli occhi distratti non notano. Se analizziamo la dinamica della comunicazione verbale e non capiamo il motivo di tante crisi di coppia che arrivano alla fine del rapporto senza capirne il motivo. Molte volte incontro coppie che non sanno perchè convivono, eppure stanno insieme continuando a fingere una situazione che agli occhi esterni sembra essere normale ma in realtà nasconde una quantità enorme di problemi, incomprensioni, freddezza, indifferenza, persino rancore e odio. Tralasciamo i casi in cui la coppia finge per il cosiddetto “bene dei figli”. Il problema è: perchè le due persone, che prima dicevano di amarsi, ora, dopo aver attraversato un periodo di crisi, pensano o desiderano lasciarsi. Perchè ad un certo momento della storia le due persone entrano in crisi e dicono di non sentirsi più fatti l’uno per l’altra. Perchè ci si mette insieme? Quali sono i criteri che guidano nella scelta del partner? Evidenzio ora due possibili cause della crisi della coppia che derivano dai criteri seguiti nella scelta del partner. La prima è che quando si sceglie un partner, spesso non si sceglie una persona, ma una immagine idealizzata, una proiezione (cioè si vede nell’altro qualcosa che abbiamo dentro come desiderio infantile o giovanile; chi abbiamo di fronte ci fa sognare qualcun altro) per cui il rapporto che si stabilisce non è un rapporto con una persona reale, ma un rapporto di tipo fantasmatico cioè idealizzato. Si costruisce attorno a quella persona, magari piacevole alla vista, qualcosa che completa quel non so che d’imprescindibile che abbiamo dentro e che abbiamo cercato fino a quel momento. Ora l’abbiamo lì davanti. Uniamo le sensazioni interne alle percezioni esterne. Quindi creiamo illusoriamente qualcuno a misura nostra. Ecco perchè è un’idealizzazione, un sogno. E i sogni, si sa, non hanno mai una lunga durata, per belli che siano. Questo “amore” non discrimina le qualità della persona “amata” da quelle di qualunque altra persona.  In un tale rapporto, dice Rollo May, voi non siete realmente “visti” da colui che pretende di amarvi; potreste essere benissimo chiunque altro. In questo caso, nè chi ama nè chi è amato agisce da persona; chi ama non è una persona libera e chi è amato è importante soprattutto come oggetto a cui aggrapparsi (R.May) La seconda causa sta nel fatto che il criterio di scelta è quello del “valore d’uso” posseduto dall’altro e, quindi, della possibilità di uno scambio proficuo (Fromm); in conseguenza di ciò si diventa uno per l’altro “oggetto” da possedere e conquistare, e, quindi, non si viene scelti ma “manovrati” e “incastrati” ricorrendo a delle strategie, molte volte seduttive. E dal momento che ognuno di noi ha la fatale tendenza a cambiare, e quindi, a deludere, la relazione è destinata a fallire. Il rapporto, in ogni caso, non riesce ad andare oltre la soglia dell’innamoramento.

Di fronte al partner, una persona può assumere, secondo l’antropologia di Frankl, tre diversi atteggiamenti: quello sessuale, quello erotico e quello spirituale. Il primo atteggiamento è quello di carattere sessuale: il partner è colto nel suo aspetto più esteriore e appariscente, in ciò che egli ha di eccitante la fantasia e la sensualità. L’apparizione fisica del partner determina un eccitamento sessuale e questo, a sua volta, mette in moto una pulsione pure sessuale: il che tocca l’uomo dal punto di vista fisico. Il secondo atteggiamento è quello dell’innamoramento o “erotico”  (per usare l’aggettivo di Frankl). La persona che è innamorata si colloca su un piano superiore rispetto a chi è solo eccitato sessualmente. Questo secondo atteggiamento, infatti, non è determinato solo da una pulsione sessuale. Infatti, concependo l’aspetto fisico del partner come il suo strato esteriore, necessariamente chi è innamorato ha in un certo senso maggiori possibilità di cogliere oltre che la struttura fisica anche quella psichica dell’altro. “Si è eccitati dalle qualità fisiche del partner; si è innamorati delle sue qualità psichiche dice Frankl. L’innamorato non è quindi mosso nel suo fisico, ma “toccato” nella sua emotività psichica da speciali caratteristiche del partner; tuttavia, non ancora dalla singolarità di questo. L’atteggiamento puramente sessuale ha come scopo il fisico del partner e resta, per così dire, imprigionato in questo aspetto L’atteggiamento erotico, quello dell’innamoramento, è viceversa diretto al lato psichico; ma anch’esso non permette di penetrare nel nucleo più intimo dell’altra persona. Al livello di questi due atteggiamenti, l’altro è considerato come un mezzo di cui appropriarsi per la propria personale realizzazione e soddisfazione. Per poter essere scelta, la persona deve possedere alcune caratteristiche, qualità, doti che la rendano attraente, desiderabile, appetibile e permettano lo scambio proficuo se non addirittura il buon affare! Se manca di queste qualità, l’altro non viene neppure preso in considerazione come possibile partner. Si crea quindi un errore cognitivo di inferenza e valutazione che porta a dire “solo se ha queste qualità mi renderà felice”. Esistono delle strategie comunemente adottate per conquistare l’altro e che portano sempre all’insuccesso, queste sono: ***Il ricorso al danaro o al potere. Sappiamo tutti che l’amore non si compra. Eppure, quanti sono coloro che cercano di allettare una persona facendo leva sulla propria buona posizione sociale ed economica; un’altra strategia è quella di elemosinare. Il sintomo (psiconevrotico, psicosomatico o psicotico) rappresenta la strategia elemosinante: “se sto male, l’altro non potrà prendersi cura di me”. Il sintomo è una strategia ritenuta così efficace che spesso alcuni ricorrono anche alla simulazione. ***In altri casi l’amore viene elemosinato addirittura esplicitamente:”Ti prego fallo per pietà…!” oppure “Mi sono tanto sacrificato per te che ora tu dovresti ricambiarmi!” Spesso, alla richiesta si associa un tentativo di colpevolizzazione dell’altro”

A cavallo tra richiesta e imposizione si trovano le varie manifestazioni di gelosia, che potremmo interpretare come un messaggio, lanciato all’altro, del tipo: “Devi amarmi, ti prego, e devi amare solo me”. Ma nonostante i giuramenti e il comportamento fedele del partner, il geloso rimane perennemente intrappolato nel dubbio: “Non mi tradisce perchèmi ama o perchè è sotto stretta sorveglianza?”. Altri poi, deridono quelli che ricorrono a questi mezzucci, affermando che l’amore non lo si può comprare, non lo si può pietire, non lo si può imporre, lo si può solo conquistare. Così almeno pensano queste persone.

In un rapporto d’amore, una delle cose che maggiormente desideriamo è di ESSERE AMATI PER NOI STESSI, PER QUELLO CHE SIAMO. Ma quando (non riuscendo a vivere senza essere amati, non riuscendo a vivere nella solitudine, nell’incertezza, nell’impotenza) ci affanniamo a conquistare l’amore, in realtà facciamo di tutto per essere amati per ciò che NON siamo. Proprio perchè “conquistare” significa mostrare una faccia di noi che non è la nostra faccia, quella che noi sentiamo come nostra, come vera, come autentica. E questo qualcosa che abbiamo conquistato, dalla parvenza d’amore, è solo la schiavitù della facciata, la schiavitù del ruolo che volontariamente ci siamo imposti nel tentativo di emergere dalla solitudine e dall’impotenza. Il tentativo di conquistare l’altro, proprio perchè consiste essenzialmente, nel tentativo di celare la parte di sè temuta come inaccettabile dall’altro e di evidenziare o addirittura di inventarsi una parte di sè ritenuta desiderabile dall’altro, sconfina nel tentativo di manipolare l’altro: ci si comporta in un certo modo per indurlo a comportarsi come vogliamo. In questa situazione di manipolazione reciproca, le due persone attendono con ansia il momento cruciale in cui dovranno manifestare la loro vera identità. L’ansia d’attesa che ognuno dei due vive è ben percettibile in alcuni casi, in altri è sottesa ad un insieme di sensazioni di disagio esistenziale. Non ci si capisce più, non si riesce a sostenere più a lungo il peso del nascondere o addirittura del fingere. tutto ciò può condurre ad una cristallizzazione di atteggiamenti all’interno della coppia che può sfociare in una nevrosi di coppia che sarà caratterizzata da: chiusura, indifferenza per gli interessi dell’altro, rifiuto al dialogo, egocentrismo, disinteresse per tutto ciò che fa piacere all’altro e tutti quegli atteggiamenti che portano a distanziare psicologicamente le due persone. Se i due partner tentano reciprocamente di strumentalizzarsi, non potendo ovviamente comunicare direttamente le proprie reali intenzioni, sono costretti ad entrare nel gioco senza fine di tentare di scoprire “che cosa l’altro pensa che io pensi che lei o lui pensi”. E’ ovvio che in una relazione di questo genere,che siano i due partner a strumentalizzarsi reciprocamente o che sia uno solo a tentare di strumentalizzare l’altro, la relazione non potrà mai essere soddisfacente per nessuno dei due. Non potrà mai essere soddisfacente per colui che tenta di strumentalizzare l’altro perchè egli non potrà mai permettersi il lusso di abbandonarsi, di essere spontaneo, di essere autentico: egli è condannato a rimanere eternamente solo, a non poter mai entrare in reale comunione con l’altro, perché dovrà sempre controllarsi, dovrà sempre inibire se stesso dovrà sempre mostrare una facciata. Per quanto riguarda colui che viene strumentalizzato, non potrà mai essere soddisfacente perchè gli viene costantemente negato il senso globale di ciò che sta esperendo. Una relazione di questo genere ha un solo esito: la morte del rapporto. Anche se il partner strumentalizzato, scoperto il doppio gioco dell’altro accetta di continuare il rapporto, vi sembra che si possa parlare di dialogo di coppia? La soluzione potrebbe venire dall’abbandono delle sue strategie, del doppio gioco da parte del partner strumentalizzante, e dall’accettazione del rischio di perdere l’altro. Ma nessuno può indurlo a questo; può essere solo una sua libera scelta. Per la verità. soluzioni di questo genere compaiono piuttosto raramente; l’uno dovrebbe smettere di manipolare e l’altro dovrebbe continuare a rimanere in relazione col partner nonostante i comportamenti sbagliati di quest’ultimo.

Il legame d’amore. Come dicevo, nell’atteggiamento sessuale e in quello dell’innamoramento, l’altro non viene scelto, ma usato, manovrato, incastrato. È solo al livello del terzo atteggiamento, quello dell’amore propriamente detto, che l’altro viene scelto. Frankl sostiene che la scelta della persona amata, la vera scelta d’amore, è realmente una scelta solo quando non è dettata dall’istinto. Finchè una persona viene spinta ad un’altra persona da qualcosa di impersonale e di istintivo, non si potrà mai parlare di vero amore Nell’amore l’Io non è spinto da una pulsione.  Nell’amore un Io si decide per un Tu. L’amore, infatti, non è un epifenomeno della libido, ma un fenomeno originario irriducibile. Come dice Frankl l’Io diventa tale solamente mediante un Tu. L’amore non è sublimazione della libido (nel senso che l’amore non vuole utilizzare le energie sessuali in altri modi piuttosto che nel rapporto sessuale, no) ma è la sublimazione che invece è possibile solo in quanto l’uomo è capace di amare, di autotrascendersi, di guardare a un Tu, di decidersi per un Tu. Intendiamo per amore quell’atto umano spirituale, col quale avviciniamo un’altra persona nella sua essenza, così come è, ma anche nel suo valore (non estrinseco ma intrinseco), nel suo dover-essere (cioè nella sua espansione progettuale): tutto ciò significa dirle un sì profondo, sentito. Ti amo per come sei, e sento che mi ami per come sono. Le caratteristiche di un rapporto d’amore (in qualsiasi relazione umana) sono: * la libertà dell’essere umano nel decidere di aprirsi autenticamente all’altro, senza finzioni. * il rispetto per la persona sempre come persona unica, il suo riconoscimento come soggetto e non come mezzo per l’autorealizzazione o come oggetto di investimento libidico o come completamento a ciò che manca in noi stessi. * la modalità di rapporto fra le due persone è quella dell’incontro, del dialogo, della intersoggettività fra due persone (non fra due tipi). * sincerità, autenticità e attenzione all’altro ne sono la condizione indispensabile.

Solo chi riesce ad assumere il terzo atteggiamento (quello di notare e apprezzare il valore dell’altro, la sua unicità) è in grado di cogliere l’altro nel suo più intimo, in ciò che lo costituisce, in tutto il suo valore e in tutta la sua dignità. Questo consente di stabilire un rapporto immediato con lo spirito dell’altro, e consente di vedere l’altro come un Tu unico e irripetibile in cui non ci si può fondere o immedesimare. E’ proprio perchè assumere questo terzo atteggiamento significa rapportarsi all’altro come a un Tu, cioè guardare all’essere dell’altro (e percepire la sua essenza), senza mire di possesso o di uso, l’altro è amato non per le sue qualità fisiche o psichiche, non per ciò che l’altro può dare a me, ma per il valore in sè dell’altro. (Cioè non quanto la persona mi può dare, ma quanto la persona può dare a se stessa camminando vicino a me; quindi l’altro si sente libero di autorealizzarsi autodistanziandosi da sè e, camminando assieme a me, autotrascendendosi verso di me). Solo così si realizza il più autentico rapporto Io-Tu che permette il dialogo di coppia.

Le qualità fisiche e psichiche sono, per così dire, l’abito esteriore ed interiore di cui la persona amata si caratterizza. Chi si ferma alle caratteristiche fisiche o psichiche (sessualità; comportamento ed emozioni) e concede al partner le stesse cose a costui piace l'”avere” dell’altro: chi ama va al di là dell’abito fisico e psichico e giunge fino all'”essere” dell’altro, alla spiritualità del Tu amato. Chi ama non si sofferma sulle caratteristiche fisiche o psichiche dell’altro, ma guarda alla persona in sè, quale Tu non paragonabile nè sostituibile con altri. Per illustrare questo concetto immaginiamo una persona che si rapporta all’altro con questo terzo atteggiamento e supponiamo che, ad un certo punto, perda la persona amata. Supponiamo ancora che gli venga presentata una persona che è la copia perfetta, sia dal punto di vista fisico che psichico, della persona perduta e chiediamogli se è capace di riversare su di questa il suo amore. Non potrà rispondere se non negativamente, l’operazione gli apparirà impossibile, senza senso, proprio perchè colui che ama veramente non intende col suo amore a una qualsivoglia caratteristica fisica o psichica della persona amata, non ama solo questa o quella qualità ch’essa possiede, ma essenzialmente ciò che essa “è” nella sua unicità. Nessuna copia, per quanto somigliante, potrà sostituirla. Basterebbe ad un innamorato: in quanto chi è innamorato intende a delle caratteristiche psichiche “possedute” dal partner, non coglie ciò che questo “è”. La persona spirituale oggetto del vero atteggiamento di amore, è insostituibile, in quanto singola e irripetibile. (la persona spirituale è la persona che percepisce bene chi è, cosa desidera, quali obiettivi vuole raggiungere, che sa autodistanziarsi da sè verso l’altro, non immedesimandosi nell’altro ma mantenendo integro il proprio Io, ed è la persona che sa autotrascendersi percependosi e criticandosi nelle varie scelte di vita, sa infine, proprio grazie a queste caratteristiche, rapportarsi ad un Tu in quanto il Tu è un altro mondo in cui avvengono questi passaggi. Quindi sia nell’Io che nel Tu devono avvenire queste dinamiche di crescita per dare vita ad una relazione di coppia quindi al dialogo di coppia). Per chi invece si rapporta all’altro secondo l’atteggiamento sessuale o psichico, non solo il partner è sostituibile, ma è sempre possibile per lui imbattersi in partner preferibili, e di fatto preferiti, al precedente. Mi sembra evidente a questo punto che il vero amore è di per se stesso garanzia della sua durata, proprio perchè non legato a caratteristiche contingenti quali l’aspetto fisico o una determinata disposizione d’animo. “L’impulso sessuale, per usare le parole di Frankl, scompare appena soddisfatto, lo stato d’animo dell’innamorato ha una sua durata. L’atto spirituale, invece, nel quale cogliamo intenzionalmente una persona nel suo spirito, sopravvive, per così dire, a se stesso:il suo valore non scade mai. L’amore autentico, proprio perchè tende al Tu dell’altro, è risparmiato da quella caducità da cui sono colpiti la sessualità fisica e l’innamoramento psichico. Con questo ovviamente non voglio dire che l’amore rifugge dalla sessualità, ma solo che esso non dipende dal fisico e che non si riferisce sostanzialmente al fisico. In linea di principio, perciò, l’amore può sussistere anche senza il fisico. Quando l’espressione sessuale è possibile, l’amore la vorrà e la cercherà; ove invece è necessaria la rinuncia, non per questo l’amore si raffredderà e si spegnerà. Sembra evidente allora che per essere amati non occorre una prestazione attiva, necessaria invece per esercitare un’attrazione sessuale o erotica. La pienezza esistenziale dell’essere amati e conosciuti nella propria unicità e irripetibilità viene concessa all’uomo senza che egli agisca, senza un merito proprio. Nell’amore accade che un essere umano diviene per un altro essere umano insostituibile e indispensabile senza aver fatto nulla per tale scopo o a tale motivo. Dunque, nell’amore non si ha alcun merito. Accade che si crei l’amore. Quando questa scelta è guidata da bisogno di sostegno, da bisogno di conferma, da motivi utilitaristici, di possesso, di dominio, di avere, di uso, di esteriorità a scapito di un rapporto in cui l’amante si autotrascende rapportandosi ad un Tu, la crisi del rapporto è quasi fatale, quasi nella natura stessa delle cose. Anzi, per quanto attiene in particolare ai disturbi della sessualità, l’ampia casistica presentata dalla logoterapia ci consente di dire che molti di questi disturbi sono addirittura la diretta conseguenza di un rapporto che si definisce di amore, ma che in realtà è solo un rapporto d’uso dell’altro.

Vediamo ora da vicino come creare, coltivare e migliorare il dialogo di coppia. Io parto dal presupposto che con la volontà è possibile creare una buona dinamica di coppia. Per buona intendo viva, attiva e creativa. Si nota, sempre più spesso, che dopo un certo periodo di tempo tra due persone si crea una sorta di congiura del silenzio… “tanto è inutile che io provi a dire quella cosa perchè lui non capisce…anche se provassi non servirebbe a nulla… perchè devo sempre fare io il primo passo…è sempre stato così, figurarsi se cambia… Mantenendo questo atteggiamento rinunciatario si crea una barriera che divide due mondi completamente a se stanti. Due mondi chiusi che comunicano soltanto messaggi impersonali e freddi: oggi piove, bisogna acquistare la data cosa, ricordati di pagare la bolletta, fai questo, fai quello mentre io farò quest’altro. In questo modo la coppia non è più coppia ma una situazione caratterizzata da due persone che sono vicine fisicamente, magari anche sessualmente, ma assolutamente distanti psicologicamente. Non esiste nulla di umano. Questa coppia può vivere tutta l’esistenza in questo modo creando delle vere e proprie nevrosi di isolamento oppure decide di separarsi Nel caso in cui non si verifichi nè la nevrosi di isolamento nè la separazione, s’instaura  tra le due persone una via di fuga che io definisco “appiglio”. Cosa succede? Ad un certo punto della storia della coppia, uno dei due sviluppa un forte interesse per qualcosa; può essere un interesse fuori casa, uno svago, o dentro di sè in forma di disagio fisico, un appiglio, appunto che ha la caratteristica di disturbare l’altro.  Finalmente l’altro si accorge di me. A costo di farlo soffrire o innervosire, si sceglie di fare quella cosa. L’altro comincia a protestare, a criticare, ad ostacolare, ma il primo continua proprio perchè, in questo modo ha catturato l’attenzione del partner. Questa dinamica può sembrare, ad un osservatore superficiale, una reazione ad un tipo di vita monotono o carente di affettività, ma ad un’analisi più attenta e profonda si osserva che la ricerca dell’appiglio esterno o interno, affonda le radici proprio nel bisogno di scuotere e stupire l’altro. Pur di bloccare il circolo vizioso nel quale ci si è invischiati, uno dei due cerca e trova una modalità di fuga metaforica. L’appiglio molte volte può essere un amante o addirittura un disturbo psicosomatico. Nel primo caso si è portati a pensare che la persona tradisca perchè è disonesta, nel secondo caso non si pensa affatto ad una risposta del corpo ad un disagio della mente. Se riflettiamo e cerchiamo di analizzare il motivo di questi cambiamenti nel partner, anziché fossilizzarci nella critica e nella colpevolizzazione, riusciamo a muoverci per cambiare la circolarità malsana. Vediamo la dinamica seguente:

Nella prima fase la coppia crea, inconsciamente, la barriera che ostacola la comunicazione viva, attiva, creativa. Proprio perchè tale situazione, a lungo andare, è insostenibile, soprattutto per un partner, quest’ultimo cerca un aggancio esterno o interno a sè non tanto per scappare, quanto per scuotere il primo partner, per rivendicare il proprio diritto all’ascolto. Per un osservatore esterno nasce così il problema di coppia. In realtà il vero problema esisteva prima che si instaurasse l’aggancio. Senza divagare troppo, consideriamo solo due casi: quello in cui un partner vive esperienze extraconiugali e quello in cui un partner inizia a soffrire di un disturbo psicosomatico piuttosto invalidante come ad esempio l’agorafobia con attacchi di panico, l’asma, le paralisi isteriche, la caduta dei capelli, i disturbi della pelle ecc. tutti disagi che implicano l’aiuto costante di una persona, di solito il partner stesso o la madre, e l’impossibilità, la paura o il disagio di stare tra la gente.  Quando finalmente la persona 2 riesce a sviluppare qualcosa fuori o dentro di sè, la persona 1 comincia tutta una serie di attenzioni che anche se sono demolitive sono pur sempre attenzioni. Succede un pò come quando un bambino, pur di attirare l’attenzione della madre, combina guai e si lascia definire “bambino insopportabile e cattivo”. La persona 1 inizierà un lunga sequela di critiche, di biasimi, di attacchi colpevolizzanti, magari di derisioni e, la persona 2 finalmente soddisfatta nella sua richiesta di attenzioni, continuerà, pena la sofferenza di sentirsi sempre più demolita da quegli attacchi. A questo punto la circolarità viziosa e malsana si perpetuerà nel tempo a meno che non succeda qualcosa che è strettamente legata al discorso che abbiamo fatto prima. Le possibilità, nel futuro sono, grosso modo di tre tipi: *** la coppia decide di separarsi *** la coppia ripete nel tempo la stessa circolarità *** la coppia si attiva per il cambiamento. Consideriamo la terza soluzione. Nella circolarità malsana la p1 critica la p2, la quale si rifugia nell’aggancio esterno o interno, questo, a sua volta, innervosisce p1 che chiude il cerchio scaricando la tensione su p2. Per attivare il cambiamento è importante uscire dalla circolarità chiedendo non alla p2 di smettere in quanto questo è ciò che ha già fatto per anni p1, ma chiedendo alla p1 di autodistanziarsi da sè e riflettere sulla sua posizione in A: autodistanziarsi chiedendosi il motivo del suo procedere da solo senza sentirsi compagno di viaggio della p2; Quando la p1 riesce a rispondersi è già autodistanziata quindi critica nei propri confronti, non più coinvolta, non più autocentrata ma aperta alla possibilità di cambiare. Questo è il primo passo. Se la p1 riesce poi ad immaginarsi in questa dialettica con il proprio sè, ha effettuato un passo ulteriore (autotrascendenza) che le permetterà quanto prima di rapportarsi al tu della p2. Solo a questo punto la p1 può comprendere che era impossibile creare un dialogo di coppia in quanto non esisteva ancora il dialogo con se stessa. 

Solo capendo il proprio Io ci si può criticare nell’autodistanziamento per poi autotrascendersi verso l’Altro. Tornando alla circolarità malsana risulta chiaro quanto è importante che la p1 anziché criticare la p2 per la ripetitività del suo atteggiamento provi a capire la vera causa del problema che sta a monte non a valle. Come potete immaginare, durante questo lavoro di autoanalisi la causa del problema è sempre di natura affettiva (le persone dicono “ho bisogno di rapporti extraconiugali perchè solo così mi sento amato, solo così mi sento considerata, non dicono mai “lo faccio perchè mi piace l’atto sessuale” le persone che prendono coscienza della loro malattia psicosomatica come scuotimento del partner che finalmente si accorge di loro, dicono “mi rendo conto che ho bisogno di attenzioni” non dicono mai “mi ammalo perchè mi piace essere ammalato”. Arriviamo allora al momento in cui la p1 ha preso coscienza di tutta la dinamica contorta che si era creata magari per anni. Nell’autotrascendenza la p1 può finalmente accorgersi della p2 cercando innanzitutto di considerarla come unica e irripetibile;  diversa, perchè nessuna persona è uguale all’altra. Nella sua unicità e originalità ha bisogni sicuramente diversi dalla p1. Per bisogni intendo spinte all’autorealizzazione come persona, al bisogno di raggiungere obiettivi piccoli e grandi, a breve, media e lunga scadenza. Tutto questo vale ovviamente anche per la p1. La coppia può scoprire allora quali sono gli interessi comuni, da coltivare insieme, ma deve rispettare i bisogni delle due individualità che hanno il diritto di crescere come persone distinte. 

Nell’area in comune ci possono essere tanti interessi o solo uno ma importante. Non importa la quantità ma la qualità dell’area in comune. E’ molto importante che la coppia non si annulli seguendo un’unica strada perchè, così facendo, una persona si disintegra nell’altra. Non va bene che le due persone vivano indipendenti l’una dall’altra. Ci deve essere l’area in comune ma ci deve essere sempre l’area dell’autonomia fisica, psicologica e spirituale. Ricordo che spirituale significa il proprio modo d’essere. 

2° incontro-dibattito

I disturbi della sessualità. Le cause dei disturbi della sessualità, ovviamente sono molteplici. Stasera esamineremo i disturbi della sessualità generati dalla inadeguata concezione della sessualità stessa e dalle strategie utilizzate per risolvere questi problemi.

Le tecniche adottate dalla logoterapia sono riconducibili sostanzialmente alla rieducazione all’amore, inteso come apertura al Tu, che si estrinseca nella rieducazione dell’atteggiamento personale in rapporto al partner attraverso due tecniche che vi spiegherò più tardi e che risolvono i problemi dell’eiaculazione precoce e dell’impotenza. La frigidità femminile non la consideriamo in quanto non esiste di per sè. Se non dipende da un problema ginecologico, dipende sempre dall’intesa di coppia o da sensi di colpa riguardo all’attività sessuale, o dal disprezzo dell’uomo, o dal timore della gravidanza, o dall’ansia.

Quindi vi parlerò soltanto dell’eiaculazione precoce e dell’impotenza.

Sempre più frequentemente dietro a tanti disturbi della sessualità è possibile riscontrare una frustrazione esistenziale. Nell’ottica logoterapeutica il lato fisico di una persona diventa espressione delle sue caratteristiche psichiche, e le sue caratteristiche psichiche diventano espressione della sua persona, cioè di ciò che vi è in essa di unico e irripetibile. Il vero amore, allora, pur non necessitando di per sé del fisico, né per nascere, né per raggiungere la sua pienezza, tuttavia si serve di esso. Al nascere dell’amore, la persona di sani istinti viene attratta dalla esteriorità dell’altra, senza per questo dire che il suo amore sia condizionato soltanto dalla fisicità. Potremmo dire che le caratteristiche fisiche e psichiche conducono una persona ad innamorarsi di una determinata persona, ma che solo quando queste caratteristiche vengono colte come espressioni della unicità e irripetibilità soggettiva si giunge al vero amore. La persona che si ferma soltanto all’aspetto fisico o psichico limita il rapporto soltanto all’esteriorità. Per l’uomo che ama, invece, sono importanti i due aspetti esteriore e psichico ma ciò che determina in modo decisivo il legame d’amore è l’aspetto dell’unicità del partner. Proprio perchè amare significa autotrascendersi ci si autotrascende se si è liberi; e l’atto libero implica sempre una certa dose di spontaneità. Il richiamo esterno, per quanto necessario, non è tuttavia necessitante. L’amore si serve del lato fisico e psichico per nascere ma per crescere nel tempo ha bisogno di considerare e alimentare due realtà spirituali diverse che si integrano. Per Frankl, nell’ambito della vita erotica l’importanza dell’apparenza esteriore, della “bellezza” fisica viene in genere sopravvalutata: ma nello stesso tempo viene svalutata la persona che la detiene. Dire di una donna che “é bella”, significa umiliarla: è come se non si vedesse in lei nessun altro valore.  Il giudizio positivo solo di un aspetto esteriore ingenera il sospetto di un non interesse per la globalità della persona stessa, in quanto ci si ferma all’esteriorità senza andare oltre questa, cioè ai valori relativamente superiori. Lo stile dell’abbigliamento delle femministe in auge qualche anno fa, che cercava, per così dire, di nascondere piuttosto che valorizzare il corpo, mi sembra che in fondo espresse proprio questo concetto. “se ti soffermi sul mio corpo vuol dire che non vuoi prendere in considerazione la mia interiorità, la mia singolarità. Io per te vado bene solo perchè ho un bel corpo, ma io mi rifiuto di essere oggettivizzata.”

D’altra parte, formulare un giudizio su di un’altra persona e limitarsi alle sue attrattive sessuali non solo svalorizza la persona che è giudicata, ma svalorizza allo stesso tempo anche chi esprime questi apprezzamenti. Se guardando una persona faccio riferimento esclusivamente alla sua bellezza fisica, vuol dire che non solo ritengo che non vi sia nulla da dire sulla sua interiorità, ma anche che non le attribuisco alcun valore.

L’origine della sensazione di vuoto esistenziale.

L’essenza dell’esistenza umana è l’autotrascendenza; essere uomo vuol dire fondamentalmente “essere orientato verso qualcosa che ci trascende, verso qualcosa che sta al di là e al di sopra di noi stessi, qualcosa o qualcuno, un significato da realizzare, o un altro essere umano da incontrare e da amare” Di conseguenza l’uomo è se stesso nella misura in cui si supera, nella misura in cui realizza il compito che è chiamato a svolgere. “Solo colui che accetterà di perdersi per una causa, troverà autenticamente se stesso”, per dirla con Scheler, oppure ” ciò che un uomo è, lo è diventato attraverso la causa che ha fatto propria, per dirla con Jaspers. Il senso di appagamento ne consegue. “Solamente nella misura in cui ci diamo, ci doniamo, ci mettiamo a disposizione del mondo, dei compiti e delle esigenza che a partire da esso ci interpellano nella nostra vita, nella misura in cui ciò che conta per noi è il mondo esteriore ed i suoi oggetti, e non noi stessi o i nostri bisogni, nella misura in cui noi realizziamo dei compiti e rispondiamo a delle esigenze, nella misura in cui noi attuiamo dei valori, e realizziamo un significato, in questa misura solamente noi ci appagheremo e realizzeremo egualmente noi stessi,” Quando, viceversa, l’uomo soffoca la sua aspirazione a realizzare una vita significativa, quando si chiude in se stesso, quando rifiuta di andare al di là di se stesso  e di realizzare lo scopo per cui esiste per perseguire primariamente la propria realizzazione, il soddisfacimento dei propri bisogni, allora fallisce. Il sentimento di vuoto esistenziale è la diretta conseguenza. “Ho un posto di lavoro, ho la sicurezza economica, magari una laurea prestigiosa, ho una famiglia, tante soddisfazioni ma anche una sensazione abissale di vuoto e di mancanza di significato” E’ ovvio che non è piacevole sopportare una sensazione di questo genere ed è comprensibile che l’uomo cerchi in ogni modo di riempire questo vuoto. Ma anziché recuperare la propria umanità, la propria responsabilità per il compito che potrebbe realizzare, l’uomo tenta di stordirsi tuffandosi nella ricerca spasmodica del piacere. È come la storiella dell’ubriaco che cerca la chiave smarrita non nel luogo dove l’ha smarrita, ma sotto un lampione perchè lì c’è luce. A questo punto il circolo vizioso è chiuso e la probabilità di insorgenza di reazioni sessuali nevrotiche diventa molto alta. Se poi, per un motivo o per l’altro, ne parlerò dopo, l’uomo ha anche perso la sua sicurezza circa la propria sessualità, allora il quadro sarà proprio completo. Dicevo che per sfuggire al vuoto esistenziale, l’uomo si tuffa nella ricerca programmata del piacere, in specie quello sessuale. Ma se la paura realizza in anticipo ciò che si teme, il desiderio troppo intenso impedisce il conseguimento di ciò a cui anela. “Ci sono degli “effetti” che non si lasciano in alcun modo “afferrare” ma che vengono raggiunti quando non li si ricerca” Prendiamo l’esempio del sonno: quanto più una persona si tormenta e tenta violentemente di addormentarsi, tanto meno ci riesce. Oppure, che cosa succede quando una persona si preoccupa eccessivamente della sua salute? Nello stesso momento egli comincia ad ammalarsi. Anche nella ricerca del dominio, quanto più ci si preoccupa non del compito da realizzare ma piuttosto del risultato, quanto più ci si preoccupa dell’impressione sugli altri, del proprio dominio tanto più è difficile conseguire l’effetto desiderato. Ci si carica di intenzioni e ci si accorge di star male. Così pure l’ambizione costituisce un ostacolo nella carriera dell’arrivista. Il piacere sopraggiunge come effetto spontaneo solo se non è ricercato direttamente, per se stesso. Il piacere non può costituire oggetto di intenzionalità. Più l’uomo ricerca il piacere più questo gli sfugge. Il principio del piacere, portato fino alle sue più estreme conseguenze, non può che fallire miseramente, e questo per il semplice fatto che si ostacola da se stesso. Quanto più cerchiamo di raggiungere qualcosa con tutte le forze, tanto più è difficile l’ottenerla. Vediamo più da vicino come tutto questo influisce sulle nevrosi sessuali. Vi dicevo prima che la paura realizza ciò che teme e questo avviene nella cosiddetta “ansia di attesa”.  

Un sintomo di per sé innocuo e passeggero, produce il timore fobico della sua ricomparsa; la fobia rinforza il sintomo e questo a sua volta rafforza ulteriormente l’ansia di attesa della persona. E il circolo vizioso è chiuso. Pensiamo, per esempio, ad una persona che, per un episodio isolato di insufficienza sessuale, evento probabile per qualsiasi uomo sano, diventi insicuro della propria capacità di raggiungere l’erezione. Se rimane vittima di questa insicurezza sarà presto preso dal timore che possa nuovamente ripetersi un episodio simile. Cosa fa scattare quest’ansia di attesa? L’uomo si aspetta che ci si aspetti qualcosa da lui; che qualche cosa si esiga da lui. Ha paura che si pretenda da lui una determinata prestazione; ed è appunto questo carattere di obbligazione ad avere effetti disastrosi. (Frankl) Solitamente questa trappola scatta quando la richiesta del rapporto sessuale parte più o meno espressamente dalla partner; se la donna è molto piùgiovane di lui egli temerà che le richieste della donna saranno eccessive rispetto alle sue personali capacità; se la donna è più anziana di lui egli temerà la maggiore esperienza di quest’ultima e l’eventuale confronto con le prestazioni dei suoi precedenti amanti. Un’altra circostanza che può far scattare la trappola è rappresentata da tutte quelle situazioni in cui la prestazione sessuale riveste un carattere di obbligo: cercare una camera ad ore per un rapporto sessuale; recarsi ad un appuntamento comporta l’obbligo del rapporto sessuale. Un’altra condizione, che fa scattare la trappola è la richiesta a se stesso della prestazione “devo assolutamente avere l’erezione” La potenza sessuale viene messa in pericolo dal fatto che ciò che deve essere atto spontaneo viene voluto nel tal momento e nella tal situazione. Ogni atto, e così anche quello sessuale, viene minacciato nella sua esecuzione quando gli si presta volutamente attenzione e quando lo si vuole. Ogni esecuzione ragionata e voluta di un atto pare che conduca in qualche modo ad una interferenza con la spontaneità dell’atto stesso. (Frankl) L’uomo non può abbandonarsi al rapporto, all’altro e contemporaneamente rimanere attento a controllare l’andamento del coito e a spiare il raggiungimento del massimo godimento. L’attenzione è distolta dal partner ed è orientata su se stessi. Mentre l’uomo con disturbi d’impotenza si propone un piacere positivo, l’uomo che soffre di eiaculazione precoce vuole solo liberarsi dello sperma, scaricare la tensione, liberarsi dal non piacere. In questo caso la persona cerca essenzialmente di ristabilire una determinata situazione psichica; vale a dire è orientata verso uno stato, non verso un oggetto. Manca qui l’oggetto dell’amore. E qual è l’oggetto dell’amore? La persona del partner, giacché amare significa essere capaci di vivere il Tu, cioè, avere la consapevolezza della persona dell’altro ed insieme essere capaci di dire si. Per contro, la sessualità di colui che soffre di eiaculazione precoce è una sessualità indifferente alla persona del partner. (Frankl) Analoghe considerazioni possono essere fatte per la donna, anche se ovviamente non si devono dimenticare quei casi in cui la diminuzione o l’assenza dell’orgasmo femminile è dovuta al calo della potenza virile o all’eiaculazione precoce. In questo caso, viene addirittura a crearsi un circolo vizioso a due, come lo chiama Frankl: il calo della potenza virile porta a una diminuzione dell’orgasmo e la diminuzione dell’orgasmo porta, a causa della aumentata richiesta di prestazione da parte della donna nei confronti dell’uomo, a un rafforzamento dell’impotenza. Questa dinamica si riscontra ovviamente anche nelle coppie omosessuali. L’ansia di attesa gioca un ruolo fondamentale anche in casi in cui la donna è stata vittima di uno stupro, tentato o consumato, oppure ha avuto il suo primo rapporto sessuale con un partner brutale e senza riguardi. Anche in questi casi l’ansia di attesa, impadronitasi dell’evento traumatizzante, forma il circolo vizioso visto prima. In questo caso il cosiddetto vaginismo si può designare nel modo migliore come paura della sopraffazione sessuale. Tornando alla coppia, il piacere è e deve restare un effetto. Non si può cercare la felicità, non occorre preoccuparsi per essa. Nella misura in cui si rende la felicità oggetto delle proprie motivazioni, necessariamente si rende oggetto della propria attenzione. Ma così facendo si perde di vista la ragione della felicità e così essa svanisce del tutto. Volendo forzatamente raggiungere l’orgasmo si crea una riflessione forzata, vale a dire l’autoosservazione durante l’atto sessuale.

Un’altro fenomeno che si riscontra spesso fra le cause che determinano l’impotenza sessuale o l’eiaculazione precoce, è rappresentato dall’atteggiamento della partner (o del partner in caso di omosessualità) di derisione o di svalutazione delle prestazioni sessuali. Questi due atteggiamenti debilitano la persona criticata a tal punto da rendere difficilissimo il recupero. Soprattutto la potenza virile è un processo psicofisico delicatissimo che ha bisogno di costanti rinforzi psicologici da parte del partner. Senza entrare nel merito delle tecniche logoterapeutiche, possiamo intanto evidenziare l’importanza della gratificazione all’interno della coppia: se la situazione è già bloccata da tempo sarebbe bene capire la causa e se per caso il motivo del silenzio sessuale possa dipendere dal silenzio relazionale.